IL GIAPPONE NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Il Giappone conobbe un periodo di instabilità che si concluse con l'instaurazione di un regime autoritario, militarista e ultranazionalista, che fu appoggiato dall'imperatore Hirohito (1901-1989) che salì al trono nel 1926. Grazie alle colonie tedesche in Cina conquistate dopo la Grande Guerra visse una fase di sviluppo economico, favorendo la ripresa della politica espansionistica ai danni della Cina. L'occupazione di questi territori fu la causa della guerra sino-giapponese, mentre in campo nazionale l'aggressiva politica giapponese fece riferimento ai regimi fascista e nazista ai quali si legò nella II guerra mondiale.
In seguito all'intervento dell'Italia in guerra, nel settembre 1940 Germania, Italia e Giappone stipularono il Patto tripartito , dando vita all'Asse Roma-Berlino-Tokyo. Quest'accordo prevedeva, in caso di vittoria, la spartizione delle tre aree di influenza:
L'Europa continentale sotto l'egemonia della Germania
Il mediterraneo all'Italia
L'Asia orientale e insulare sotto il controllo del Giappone
Il Giappone, a partire dal 1940, aveva iniziato una campagna espansionistica nella penisola indocinese, in Indonesia e nelle isole del Pacifico ai danni delle basi statunitensi, olandesi e britanniche.
Quando gli aerei nipponici attaccarono la flotta statunitense a Pearl Harbor, gli USA dichiararono guerra al Giappone e automaticamente anche ad Italia e Germania, rendendo lo scontro una guerra mondiale. Nel 1942 le potenze dell'asse raggiunsero la loro massima espansione anche se quell'anno venne ricordato per le sconfitte subite da Germania, Italia e Giappone su tutti i fronti.
Nel 1945 i capi di stato delle potenze vincitrici si riunirono a Potsdam per l'ultimatum per la resa incondizionata del Giappone che nonostante fosse allo stremo delle forze si era impegnato a proseguire la guerra. In seguito alla resa della Germania, però, l'imperatore Hirohito si mostrò disponibile alla resa a patto che il Giappone mantenesse la propria indipendenza, però la sua richiesta non venne accettata dal nuovo presidente degli stati uniti, Truman che pretese la resa senza condizioni.
Per piegare la
resistenza giapponese, Il presidente Truman decise di usare una nuova
arma, la bomba atomica, messa a punto da poco nei laboratori
americani. La prima di queste armi letali venne sganciata sulla città
di Hiroshima il 6 agosto 1945, mentre la seconda venne fatta
esplodere il 9 agosto a Nagasaki. Durante l'esplosione morirono
decine di migliaia di persone e furono incalcolabili le vittime
successive a causa delle radiazioni disperse dall'esplosione
atomica. Il 14 agosto 1945, infine, l'imperatore annunciava la resa
incondizionata del Giappone, firmata poi il 2 settembre del medesimo
anno, ponendo fine al più lungo e devastante conflitto della storia.
La pace con il Giappone venne definita a settembre del 1951 e stabilì condizioni assai durissime. Questo trattato di pace stabiliva che l'impero del Sol Levante doveva cedere i territori conquistati nel corso della prima parte del novecento. Inoltre venne imposta una nuova costituzione contro la divinizzazione dell'imperatore, introducendo, invece, elementi caratteristici delle democrazie occidentali. Infine, venne abolito l'esercito e i criminali di guerra e i dirigenti furono sottoposti al processo. I Giapponesi dovettero persino subire l'umiliante presenza, fino al 1952, di un contingente d'occupazione statunitense.
Nei primi anni del
dopo guerra molti motivi faticarono la ripresa del paese. Le città
erano da ricostruire mentre i reduci di guerra non riuscivano ad
inserirsi nella nuova società. Inoltre non c'era alcuna tradizione
di economia di mercato. La svolta avvenne nel 1951, quando proprio
gli Stati Uniti, durante la guerra con la Corea, chiese aiuto al
Giappone. L'impegno per aiutare gli USA aiutò a rilanciare
l'economia, che tra il 1954 e il 1972 conobbe uno sviluppo
inarrestabile, soprattutto nel settore industriale (siderurgico,
meccanico e chimico), fino a diventare tra le prime economie
industriali nel mondo.